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Il presidenzialismo che avremmo in Italia se la riforma annunciata dalla presidente del Consiglio dei ministri Giorgia Meloni dovesse andare in porto sarebbe una “maschera deforme” del presidenzialismo già vigente nelle sue differenti forme in altri Paesi democratici. Una riforma pasticciata, una “quasi riforma”, taglia corto il costituzionalista Michele Ainis, nel suo nuovo saggio appena pubblicato da “La nave di Teseo” (pagine 204, euro 16) .
Premette, Ainis, introducendo il suo lavoro, che se una Costituzione si può migliorare, significa che si può anche peggiorare; ed è quest’ultimo, il rischio che secondo lui si corre con la riforma messa in campo dall’attuale Governo Meloni. Il pericolo, quando disegna una riforma del genere, sostiene Ainis, non deriva dalla riforma in se’, quanto dagli “operai” chiamati a edificarla; e ricorda che in Italia di riforme “deformanti” ne abbiamo viste tante, messe giù da governi di destra e sinistra, “perché nessuno - dice - ha una patente d’innocenza” .
La prima domanda che si pone il costituzionalista, guardando a come si sta procedendo, è: possiamo affidare questa impresa al Parlamento, lasciarla nelle sole mani dei partiti? Ne hanno la capacità, il talento? Ne hanno, oltretutto, la legittimazione ? E invita, in quest’ultimo caso, a riflettere sul fenomeno degli astenuti che nella tornata elettorale passata hanno toccato il record storico del 36 per cento. Ciò significa - ragiona - che le Camere che adesso dovrebbero occuparsi di una riforma così importante sono state generate con una legittimazione debole, parziale.
C’è un altro elemento, a questo punto da non trascurare, secondo Ainis, e riguarda quello che lui definisce il “più grave scandalo della democrazia italiana”; consistente - grazie all’attuale legge elettorale - nel monopolio dei partiti sugli eletti.
Sono loro - le forze politiche - che decidono su chi potrà sfoggiare i galloni da parlamentare, senza che gli elettori abbiano minimamente voce in capitolo. L’unica libertà di scelta - commenta Ainis - è la “diserzione” dal voto. Pratica a cui i cittadini elettori ricorrono sempre più spesso. Sarebbe giusto, perciò, trovare il modo di coinvolgere direttamente i cittadini (il popolo) per fare le cose sul serio, valutando attentamente virtù e vizi del presidenzialismo, che, nel caso previsto dalla riforma voluta dall’attuale Governo, indebolisce la figura neutrale del presidente della Repubblica, mentre cresce, invece, il peso del premier.
Per riportare ordine, in questa democrazia malata, Ainis suggerisce di riprendere in mano la Costituzione, denunciandone intanto i tradimenti: “L’elenco delle norme costituzionali violate, disattese o raggirate ha più grani di un rosario”, dice, e adesso il fischio è che il nuovo abito alla democrazia italiana venga cucito addosso ai cittadini senza interpellarli, modificando la Carta con una riforma che sembra venuta fuori come “un coniglio dal cilindro”. Metafora, quest’ultima, che rimanda ai maghi nei circhi equestri o nei teatri che estraggono un coniglio dal cappello, per stupire i bambini.
Oltretutto, osserva ancora Ainis, la riforma smentisce la promessa elettorale del centrodestra che puntava a eleggere direttamente il capo dello stato. Sono molti i motivi, dunque, secondo il costituzionalista , per dubitare della bontà della riforma; anche perché - dice - un “presidenzialismo sgangherato” ce l’abbiamo già: la “capograzia”, che domina la vita dei partiti “divenuti feudi di un principe circondato da mille cortigiani” e inventori di una legge elettorale che ha trasformato gli elettori in spettatori a cui è stata confiscata la libertà di decidere. Inutile sottacere, che il degrado della vita pubblica italiana deriva soprattutto dalla legge elettorale, che impedisce agli elettori di scegliere.
La prima cosa da fare, suggerisce infine Ainis, sarebbe sbarazzarsi di quel frutto avvelenato che è un sistema elettorale dove i capipartito intruppano i loro fedelissimi, cosicché l’appartenenza vale più della competenza e di conseguenza la qualità morale degli eletti s’inabissa. Per cui è questa la verità da curare, “la vera riforma da timbrare”, una nuova legge elettorale.