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"I dati ufficiali della scienza contraddicono la retorica delle Associazioni agricole e del Ministro Lollobrigida".
"I dati ufficiali della scienza contraddicono la retorica delle Associazioni agricole e del Ministro Lollobrigida".
I dati ufficiali della scienza contraddicono la retorica delle Associazioni agricole e del Ministro Lollobrigida: oggi l’agricoltura in Italia è la prima causa del cattivo stato di conservazione di habitat e specie selvatiche, inquina le acque, l’aria e il suolo.
Ci sono però modelli virtuosi che vanno promossi e sostenuti per fare in modo che l’attuale minoranza di agricoltori veri custodi dell’ambiente, del territorio e della natura diventi maggioranza, riconoscendo il giusto valore del lavoro e dei prodotti agricoli La Legge n. 24 del 28 febbraio 2024 relativa a “Disposizioni per il riconoscimento della figura dell’agricoltore custode dell’ambiente e del territorio e per l’istituzione della Giornata nazionale dell’agricoltura” indica la seconda domenica di novembre come la Giornata Nazionale per far conoscere il ruolo fondamentale dell’agricoltura nella tutela dell’ambiente.
La narrativa delle maggiori Associazioni agricole (Coldiretti, CIA, Confagricoltura) e dell’attuale Ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida vorrebbe accreditare in modo generico l’agricoltore come il vero ambientalista, custode dell’ambiente e del territorio. Una retorica smentita però dalla scienza che, da anni segnala come il modello dominante di agricoltura rappresenti un problema per l’ambiente, come documenta il breve rapporto prodotto dal Wwf Italia in occasione della prima edizione della Giornata nazionale dell’agricoltura.
"Tutti i monitoraggi ambientali confermano - prosegue il Wwf - che l’agricoltura è la prima causa di perdita della biodiversità in Italia, responsabile tra l’altro dell’inquinamento delle acque, dell’aria e del suolo, e del 7,8% delle emissioni totali di gas serra a livello nazionale e del 22% a livello globale.
La Legge n. 24/2024 fornisce quindi una visione distorta dell’agricoltore custode dell’ambiente e del territorio. L’annuario dei dati ambientali 2023 dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), pubblicato il 21 ottobre 2024, non lascia dubbi: “Il grande problema della produzione del cibo è la competizione con la natura selvatica per una risorsa fondamentale: il territorio. Per fare agricoltura bisogna infatti eliminare un ecosistema naturale, con le sue piante e i suoi animali, e sostituirlo con un ambiente artificiale, semplificato, che va poi difeso dai tentativi della natura di riprenderne possesso con l’aratura e l’uso di pesticidi ed erbicidi. Dopo il raccolto, va ripristinata la fertilità del suolo con i fertilizzanti”.
E tutto questo richiede energia e presenta altri impatti, indiretti e poco “visibili”, relativamente al degrado degli habitat acquatici e ai costi associati alla depurazione e al disinquinamento delle acque".
"L’errore che si continua a commettere è parlare di agricoltura al singolare perché in realtà esistono diversi modelli di agricoltura, più o meno sostenibili. Il modello intensivo dominante, adottato dalla maggioranza degli agricoltori italiani e che interessa oltre l’80% della superficie agricola utilizzata (Sau) dipende dalle sostanze chimiche di sintesi e da una pesante meccanizzazione che degrada il suolo, con l’obiettivo di massimizzare le produzioni. Meno del 20% della SAU è gestita con pratiche che rispettano i principi dell’agroecologia.
Gli agricoltori che possono pertanto definirsi veramente custodi dell’ambiente e della natura nel nostro Paese sono ancora una minoranza. Bene, quindi, le celebrazioni di un settore importante come quello agricolo da cui dipendono tanti lavoratori e la nostra alimentazione, ma se si vuole attuare una vera transizione ecologica per raggiungere gli obiettivi indicati dalle Strategie europee del Green Deal si deve celebrare chi già attua pratiche produttive a basso impatto ambientale basate sull’agroecologia.
Non tutta l’agricoltura è nemica della natura: alcuni sistemi quali l’agricoltura biologica, biodinamica, rigenerativa e altri modelli coerenti con i principi dell’agroecologia definiti dalla FAO, hanno un ruolo positivo per la conservazione della biodiversità e la riduzione dell’inquinamento e del degrado ambientale, con il ripristino della capacità degli habitat agricoli di fornire servizi ecosistemici (aria, acqua e suolo sani e puliti) e quello di regolazione del clima locale e di mitigazione dei cambiamenti climatici globali", aggiunge.
"Al tempo stesso si deve procedere al giusto riconoscimento del valore del lavoro e dei prodotti agricoli. Questo è un aspetto fondamentale della transizione ecologica dei sistemi agroalimentari se non si vuole farne ricadere i costi sulle spalle dei soli agricoltori, l’anello più debole della filiera dal campo alla tavola. In particolare, i gestori delle piccole aziende agricole rischiano di essere strumentalizzati dalle grandi corporazioni agricole, che controllano i mezzi tecnici in agricoltura e che sono legate alle lobby delle fonti fossili, per l’energia, i pesticidi e i fertilizzanti, opponendosi a qualsiasi percorso per una reale sostenibilità.
Non basta una Legge per superare le criticità dell’attuale modello dominante di agricoltura, soprattutto perché questa è sì responsabile della perdita di biodiversità e del cambiamento climatico, ma ne è al contempo la prima vittima, come dimostrano le continue richieste di dichiarazione di stato di calamità naturale per siccità o alluvioni. Tanto meno, poi, serve la narrativa con cui le maggiori Associazioni agricole e il Ministro Francesco Lollobrigida cercano di accreditare genericamente agli occhi dell’opinione pubblica l’agricoltura italiana nonostante le sue gravi responsabilità nel degrado della qualità dell’acqua, della fertilità del suolo e della perdita di natura.
Serve piuttosto un maggiore impegno per la transizione ecologica dei sistemi agroalimentari e per il sostegno all’agroecologia, perseguendo tutti gli obiettivi delle Strategie europee “Farm to Fork” e “Biodiversità 2030”, che purtroppo il nostro Governo e le maggiori Associazioni agricole continuano ad osteggiare", conclude il Wwf.