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Già il titolo: “Dio non ci lascia soli”, è come una confortante risposta alle domande e alle inquietudini del nostro tempo difficile, tormentato, in cui dominano guerre, solitudine e infelicità. Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna, nominato cardinale da Papa Francesco nel 2019 e nel 2022 presidente della Conferenza Episcopale Italiana, don Matteo, come ama essere chiamato, ha scritto un libro che aiuta il lettore ad affrontare un momento storico che sembra colpito universalmente dalla “pandemia dell’infelicita’”, come lui stesso definisce quella malattia dell’anima, ormai diffusa a livello globale, a Occidente come a Oriente.
Il cardinale spiega che l’unico vaccino per guarire dalla malattia che si chiama infelicita’ è l’amore, quell’amore così desiderato ma difficile da trovare. Non sono riflessioni teologiche, quelle del cardinale in questo libro, anche il Vangelo, Gesù, la sua tenerezza, la sua storia, le parole che provengono dai testi biblici e della tradizione cristiana, sono diffusamente presenti nelle pagine del volume. Le riflessioni sono piuttosto potremmo dire di strada, poiché nascono e sono cresciute camminando tra la gente nelle periferie di Bologna - i bolognesi sanno che non è raro vedere il cardinale in bicicletta raggiungere poveri ed emarginati nelle periferie della città - o in altre periferie dell’Italia e del mondo. Il libro arriva mentre tutto, intorno a noi, nel nostro presente complicato, sembra dichiarare il tradimento di ogni nostra speranza. Un momento in cui prevale l’individualismo, che svuota o rende inutile anche la fede, ha detto il cardinale, in un’intervista recente ad Aldo Cazzullo, per Il Corriere della Sera.
Oggi, capita che chi grida rabbia e vendetta sia considerato “normale” e chi grida il bene, la pace e l’amore, sia considerato “buonista”; qualcosa, tra l’esagerato e il sospetto di essere contro l’esigenza di giustizia; che però a ben vedere è vendetta, e non altro. Zuppi, indica nell’amore l’unico “metodo” per guarire dalle nostre ferite e dalla malvagità di chi ci ha ferito. Sono pagine piene di speranza, quelle di “Dio non ci lascia soli” (Piemme edizioni, pagine 256, euro 18,90); pagine rivolte a tutti - credenti, credenti a modo proprio, scettici, non credenti - e che disegnano un cammino che va oltre la violenza, l’aggressività, l’individualismo, verso un futuro migliore, auspicabilmente di pace.
L’amore è al centro di una scrittura chiara, semplice, quasi sussurrata, come nello stile delle omelie del Vangelo dei semplici che suggerisce, inascoltato, il papa; scrittura nata da uno sguardo paterno - e credente - del cardinale per il nostro presente quantomeno confuso. “È democratico l’amore, nessuno è escluso”, dice Zuppi, ricordando che l’amore con Gesù è entrato nella storia; in qualche modo rivoluzionandola, anzi, spingendo a superare lo schema consolidato di un’idea circolare della storia [ciclica ] che ha caratterizzato gran parte del pensiero occidentale. In un’idea ciclica e ricorrente della storia, perde di significato la persona, quello che possiamo fare noi, osserva il cardinale, ribadendo che la grande buona notizia è che Dio [con Gesù] è entrato e rimane nella storia; quella che contiene anche la nostra miseria, le nostre contraddizioni e le ferite del mondo; e questo è davvero il Vangelo. Che non ci chiede di annullare la nostra storia, o di rendere quella che viviamo uno scenario sempre uguale, ma ci aiuta a credere che il cambiamento sia possibile; che le strutture di solitudine o di ingiustizia possano essere cambiate, che la rassegnazione può essere spazzata via e che il contributo di ognuno è importante, se si sceglie di non appiattirsi nel conformismo e di essere noi stessi, magari un po’ diversi.
È dentro la nostra storia, che comprendiamo meglio anche il Vangelo, spiega Zuppi. La vita del Vangelo, dice, sembra dura, quando si cerca, con poco successo, di salvarsi da soli: “Da soli non c’è vita”. Si richiama spesso, il cardinale, a Papa Francesco e alle sue riflessioni, raccolte tempo fa in un libretto a cui è stato dato il titolo “Ti voglio felice”. Ricorda, quale strada il pontefice ha invitato l’uomo smarrito di oggi a percorrere: “Sii rivoluzionario, va controcorrente, rischia, anche se sbaglierai. Cammina con gli altri. Vivi la gratuità. Guarda oltre il buio. Ricorda, che sei destinato al meglio”. Incitamenti alla vita che valgono per tutti, chiosa Zuppi, non solo per i cosiddetti “puri” e i “perfetti”. C’è, nel libro, riconoscendo prima di tutto che “l’amore guarisce”, un richiamo forte alla necessità di radici; alla necessità di terra, per superare le contraddizioni e le fragilità del nostro tempo.
La smaterializzazione dei rapporti, è un’altra contraddizione da superare, osserva Zuppi: “Occorre la terra, per diventare fratelli tutti”, dice e riconosce che è nella terra che si può trasformare il nemico, o l’estraneo in amico, scoprire l’amicizia o l’amore come prossimità, superando, nell’incontro, ogni distanza. E qui, la riflessione del cardinale va ad approfondire le conseguenze della smaterializzazione dei rapporti umani derivanti dal potere della “connessione digitale”, che fa sorgere il bisogno e l’urgenza - ribadisce - di “terra”. La terra, a differenza del “mare digitale”, dove tutti possono essere connessi, contiene la distanza, la fatica ed il tempo di arrivare, la costruzione. E ciò - nota - è molto fisico, molto umano. Al contrario, nella dematerializzazione, c’è la soppressione della distanza, manca la fatica della costruzione, che è parte della bellezza e della gioia di vivere. Con la connessione digitale, osserva, è nata la generazione di hikikomori; quelli che in Giappone - dove il fenomeno è iniziato - stanno in disparte, in casa, in una stanza e non hanno rapporti con nessuno.
“L’umanità ha bisogno di cambiare passo”, conclude Zuppi, e a questa affermazione fa seguire una frase che anche questa è molto vicina alle parole che più volte abbiamo ascoltato pronunciare da papa Francesco: “Gli investimenti in armi sono davvero uno scandalo inaudito in ogni tempo”. Il riarmo, dice Zuppi, pericolosamente, è in atto e non cammina nemmeno assieme a un’adeguata preoccupazione di disarmo e a un’altrettanta attiva via di ricerche di dialogo.
“Per chi è cristiano - dice Zuppi - questo è inaccettabile”.
Rimane, sullo sfondo della riflessione ampia del cardinale, la domanda sul male e sull’ingiustizia nella storia e nella vita quotidiana, e su dove sta Gesù: “Gesù, l’infinito, si incontra sempre nel finito. Attraverso incontri umani, parole, vicinanza, amicizia, in modi imperfetti ma che comunicano frammenti di amore e, per questo, di eternità”. C’è, dentro questo libro anche un po’ della vita del cardinale cominciata a Roma in quella stagione che lui definisce “primavera della Chiesa”, annunciata da un papa santo come Giovanni XXIII, che desiderava una Chiesa di tutti è particolarmente dei poveri: “Una stagione che non è del passato ma che può tornare”.
E’ l’auspicio di Zuppi, al termine di “Dio non ci lascia soli”.