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"Dagli accertamenti delegati al Nucleo di polizia valutaria della Guardia di Finanza, sono emersi ulteriori episodi di possibili accessi abusivi".
"Dagli accertamenti delegati al Nucleo di polizia valutaria della Guardia di Finanza, sono emersi ulteriori episodi di possibili accessi abusivi".
Non sono ancora terminate le indagini legate all'inchiesta perugina per presunti accessi abusivi alle banche dati. E' quanto riferisce, in una nota, il Procuratore di Perugia, Raffaele Cantone.
“Sono ancora in corso e non è prevedibile la loro conclusione in tempi brevi, in quanto, dagli accertamenti delegati al Nucleo di polizia valutaria della Guardia di Finanza, sono emersi ulteriori episodi di possibili accessi abusivi, oltre quelli già oggetto di contestazione nei mesi scorsi con l’invito a comparire”, prosegue.
In seguito al no del Gip agli arresti domiciliari per il sottufficiale della Guardia di finanza Pasquale Striano e l’ex sostituto procurato dell’Antimafia Antonio Laudati, la Procura perugina ha fatto ricorso al Tribunale del Riesame. “Sono state, in particolare, conferite varie deleghe alla polizia giudiziaria sopra indicata che ha continuato a operare in modo serrato anche durante il trascorso periodo feriale e dalla quale, in modo continuativo e sistematico, l’ufficio viene informato degli sviluppi via via emersi. In questo periodo si è anche ulteriormente intensificato il rapporto di collaborazione con la Direzione Nazionale Antimafia che, oltre a svolgere le doverose funzioni di coordinamento, ha effettuato approfonditi ulteriori accertamenti sulla propria Banca dati, fornendo importanti riscontri per le indagini in corso”.
Gli atti sull'inchiesta, aggiunge Cantone, saranno inoltrati alla Commissione Antimafia nel corso dei prossimi giorni.
La nota è arrivata dopo che il Gip ha espresso parere negativo in merito alla richiesta dei domiciliari per Striano e Laudati, che per diversi anni sono stati di stanza alla Direzione investigativa antimafia. La Procura perugina ha fatto appello contro questa decisione, evidenziando come “l’affermazione del Giudice secondo cui gli indagati avrebbero avuto ‘in tutto o in parte’ accesso agli atti processuali. Al contrario, a oggi, nessuna discovery degli atti vi era mai stata e non erano stati nemmeno contestati gli esiti delle indagini agli indagati che legittimamente non si erano, come più volte rimarcato, presentati a rendere interrogatorio.
La segretezza del compendio probatorio era stata a tal punto cautelata che si era richiesto al Presidente della Commissione Antimafia – organismo bicamerale che ha titolo ad ottenere anche atti coperti dal segreto investigativo – di soprassedere dalla già avanzata richiesta degli atti processuali, fino a quando sarebbe rimasto il segreto ex art. 329 del codice penale”, continua la nota.