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Solenne, ma anche severo, puntuale, dogmatico, a tratti anche intransigente. Tutto questo, ed altro ancora, è stato il messaggio di mons. Attilio Nostro, vescovo della diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea, in occasione della “Giornata regionale dei giornalisti cattolici”, il tradizionale appuntamento annuale in occasione della Festa di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, organizzato dall’Ucsi Calabria “Natuzza Evolo” in collaborazione con la Figec Cisal e il Sindacato Giornalisti della Calabria.
Non avevamo dubbi su quello che don Attilio Nostro avrebbe detto a tutti noi. L’uomo è un intellettuale moderno e conosce il nostro mondo meglio di chiunque altro, un sacerdote illuminato che viene da un’esperienza romana importante e che fa di lui oggi uno degli studiosi più attenti della Chiesa di Papa Francesco, un vero e proprio maestro della comunicazione. Non a caso la bellissima lezione di giornalismo che riserva ai vertici della Stampa cattolica calabrese, in prima fila la presidente Santa Giannazzo, parte dalle pagine del Vangelo.
«Come dire? Non sono io oggi a dirvi cosa dovete fare e come dovete farlo, “io sono uno di voi”, ma quello che voi giornalisti, “che noi giornalisti” dobbiamo fare – dice il vescovo dall’altare della Grande Chiesa – ce lo dice Gesù quando ci parla del “dono della profezia, del dono del sacerdozio, del dono della regalità”».
Quello della profezia è un dono dello Spirito Santo che, come giornalisti, ci impone di ascoltare tutti e dialogare con tutti, confidando nel fatto che ciascuno «ha sempre qualcosa di importante da dire, un dono profetico da condividere».
In questo modo – lo ha detto tante volte anche lo stesso Papa Francesco – «si ricerca la verità e si diffonde un clima di ascolto di Dio e dei fratelli». «La ricerca della verità. Il racconto della verità. Il rispetto della verità». Ecco quale deve essere il compito primario di ogni giornalista – precisa don Attilio dall’altare – la verità dei fatti deve essere sacra, sempre e comunque, così come deve esserlo la vostra indipendenza. Il concetto di “profeta” diventa, dunque, sinonimo di verità, don Attilio dice molto di più e parla della “bellezza della verità”.
L’altro “dono” a cui fa riferimento il vescovo è quello del sacerdozio: «il sacerdote non fa altro che raccogliere le preghiere del popolo e riportarle a Dio». Così dovete fare voi giornalisti – sottolinea don Attilio – «che conoscete bene la pancia della società in cui viviamo, voi che conoscete meglio di chiunque altro le viscere delle persone, voi che avete il compito primario di dar voce a chi voce non ha mai avuto, o non ha. Voi, che per missione avete il compito di rendere sacro ciò che non si vede».
Terzo dono dello Spirito Santo – dice ancora don Attilio – è quello della regalità, che vuol dire essere eredi e padroni di sé stessi: «la regalità di Dio è la forza di essere se stessi sempre e fino in fondo, e il giornalista che è libero da ogni possibile condizionamento deve mettere se stesso non al servizio dell’uomo ma al servizio della verità».
Bellissimo questo concetto finale che don Attilio affida alla platea di Paravati: «Giornalisti, dunque, testimoni esclusivi della verità e del proprio tempo. Giornalisti al servizio degli altri, portavoce dei bambini non nati, giornalisti che siano, insomma, la voce di Dio».
Ma queste cose, riferite in maniera solenne nella Grande Chiesa di Paravati, ricordando la figura carismatica di Natuzza Evolo «che voi qui avete contribuito a far crescere», don Attilio le aveva già anticipate in mattinata nel suo primo incontro con la delegazione calabrese di Ucsi, Figec Cisal e Sgc nei locali dell’Arcivescovado, dove ha ufficialmente aperto gli studi della web tv che «presto apriremo qui in diocesi a Mileto per farne una fonte di comunicazione e di informazione libera e indipendente!».
Sostanzialmente, tra qualche settimana, don Attilio terrà qui a battesimo un vero e proprio studio televisivo, modernissimo, una televisione, la Tv della chiesa di Mileto-Nicotera-Tropea, che nasce nel cuore del palazzo vescovile di Mileto, «attrezzata per le esigenze più sofisticate di una televisione che si rispetti come tale, e da cui proveremo a raccontare – sottolinea don Attilio – le nostre realtà e le nostre emozioni più diffuse».
Una bella avventura, un progetto per il quale il segretario generale della Figec Cisal, Carlo Parisi, ha manifestato tutto il suo entusiasmo e a cui ha assicurato ogni forma di adesione e di collaborazione possibile perché possa diventare vincente, sia sul mercato sia nella realtà sociale che ha scelto di raccontare.
Poi la coda finale della giornata, che si è svolta tutta intera nell’auditorium accanto alla Grande Chiesa di Paravati, dove Santa Giannazzo, presidente dell’Ucsi, ha rimarcato quelli che sono i principi fondamentali della stampa cattolica in Italia, «una stampa votata alla correttezza dell’informazione, al rispetto del pluralismo, alla difesa della libertà di stampa conto ogni forma di ingerenza possibile e immaginabile».
Hanno preso poi la parola il segretario del Sindacato Giornalisti della Calabria, Andrea Musmeci, storico portatore della “Vara” della Madonna della Consolazione di Reggio Calabria, Michele Albanese, consigliere nazionale Figec Cisal con delega alla legalità, il rettore della Grande Chiesa, Padre Michele Cordiano, giornalista e padre spirituale di Natuzza, e il segretario generale della Figec Cisal, Carlo Parisi.
Se il segretario del Sindacato Giornalisti della Calabria, Musmeci, si è detto «felice di poter condividere l’iniziativa dell’Ucsi con Carlo Parisi e i colleghi della Figec Cisal», Parisi ha sottolineato che «si tratta di un evento storico perché è la priva volta che i due sindacati dei giornalisti italiani organizzano un incontro comune, a testimonianza che tra persone perbene, impegnate in giuste cause, non sono le bandiere a fare la differenza. E che ciò sia avvenuto in Calabria e in particolare a casa di Natuzza non è certo un caso».
Michele Albanese, dal canto suo, ha parlato dei quasi dieci anni di vita sotto scorta imposti dalla scoperta del progetto di ucciderlo, ipotizzato dalla ’ndrangheta della Piana di Gioia Tauro, per il suo impegno di cronista «in una terra – ha sottolineato – nella quale nessun giornale nazionale ha mai voluto seriamente investire».
«Una vita cambiata per sempre, per me e per la mia famiglia – ha ribadito – che, comunque, mi spinge a dire tranquillamente che rifarei le stesse cose, perché non ho fatto nulla di straordinario».
Padre Michele Cordiano, raccontando la sua vita accanto a Natuzza Evolo, ha spiegato che il suo non è stato sempre un compito facile. Tantissima era la gente che veniva a Paravati per incontrare Natuzza e lui, alla fine, era il vero anello di collegamento tra Natuzza e il mondo esterno: «ma quello che ho fatto l’ho fatto sempre con la consapevolezza di dover servire una causa giusta e assolutamente fuori dal comune».
Un racconto, il suo, pieno di dettagli, di riferimenti personali legati al suo rapporto quotidiano e costante con la mistica di Paravati, e soprattutto una vera e propria “dedicazione” delle cose che dice alla donna che ha cambiato la storia della pietà popolare in Calabria.
Padre Michele ha concluso il suo intervento con l’appello a “salire a Paravati” per “creare rete puntando sulla forza della piccolezza” in quanto “il male si vince facendo il bene” e “la verità è bella se la dici con gusto”.
«È chiaro – ha aggiunto Carlo Parisi – che tutti si aspettano ora che la Chiesa di Francesco chiuda al più presto il processo di beatificazione – ancora in corso in questi mesi e da ben 14 anni in Vaticano – in favore di Natuzza Santa».
Concludendo questa solenne giornata di dialogo e di confronto comune sui temi della comunicazione e del giornalismo cattolico «che qui in Calabria ha una sua radice profonda e una sua tradizione radicata nei secoli», Carlo Parisi ha parlato, per la prima volta in pubblico, di quello che è stato il suo rapporto diretto, vero e profondo con Natuzza, soprattutto nella fase finale della vita della mistica di Paravati. Dalla prima volta che, incontrandolo, Natuzza lo abbracciò dicendogli «da oggi considerami come tua madre», alla presenza di Padre Michele, che Carlo Parisi considera «più di un fratello» e – ha sottolineato – «senza il quale tutto quello che vedete non ci sarebbe».
Il segretario generale della Figec Cisal ha, quindi, raccontato di come e quando veniva a trovare Natuzza nel silenzio della sua stanza, al primo piano dell’abitazione dove oggi riposa, per confrontarsi con lei sui misteri «della vita oltre la vita» e per chiederle consigli. Un rapporto che, negli anni, si è andato consolidando sempre di più e che oggi Carlo Parisi definisce “quasi profetico”.
Paravati, insomma, per un modo o per un altro, è sempre fonte di grandi emozioni collettive.