Eccellenze italiane. Enzo De Maria, medico volontario tra i bambini dell’Uganda
Cosa spinge un medico chirurgo a lasciare casa propria per trascorrere le feste di Natale in Africa? Perché un medico di grande esperienza come lui in questi giorni di festa lascia tutto per dedicarsi al mondo della solidarietà? Qual è la molla che lo spinge ad andare così lontano da casa e dai suoi affetti familiari?
di Pino Nano
Domenica 31 Dicembre 2023
Roma - 31 dic 2023 (Prima Notizia 24)
Cosa spinge un medico chirurgo a lasciare casa propria per trascorrere le feste di Natale in Africa? Perché un medico di grande esperienza come lui in questi giorni di festa lascia tutto per dedicarsi al mondo della solidarietà? Qual è la molla che lo spinge ad andare così lontano da casa e dai suoi affetti familiari?

“Quando ho scelto di fare medicina sapevo che la mia vita sarebbe stata una vita interamente spesa al servizio degli altri. Non capisco perché lei oggi mi fa questa domanda. Sono in Africa per aiutare i colleghi e gli amici della missione che porta il nome di “Zia Angelina”, un piccolo ospedale nato nel cuore del continente nero per via di una donazione che prima di morire fece mia zia al popolo africano. E qui, in Africa, ho ritrovato me stesso, perché ho ritrovato il senso più autentico della missione del medico. Spero che mio figlio Francesco un giorno faccia lo stesso, è medico come me e come me crede nella dedizione totale verso i più deboli”.

71 anni ancora ben portati, capelli bianchi eternamente spettinati e baffi mal curati, carattere schivo, nato e cresciuto a Vibo Marina, figlio di una famiglia borghese che lo ha allevato a pane e musica, pane e libri, pane e chiesa, pane e ricerca. Una vita professionale interamente spesa al Policlinico Universitario di Germaneto a Catanzaro, Direttore per anni dell’Unita' Operativa Complessa di  Epatologia, e fino al giorno della pensione endoscopista dalle mani d’oro, con alle spalle un’esperienza in sala operatoria davvero invidiabile.

Questa è in sintesi la storia di Enzo De Maria, un “ragazzo vibonese” come tanti, primo della classe, sempre e comunque, impastato di valori e di rispetto verso tutti. Lui è uno di quei medici che ritiene che il malato abbia solo diritti, e non doveri, che il malato vada trattato in corsia come un fratello o un amico, e non come un estraneo. Che il malato abbia sempre qualcosa da darti, come bagaglio umano da acquisire e fare proprio.

Un medico d’altri tempi, insomma, pieno di interessi e di letture, appassionato di mare di barche e di reperti archeologici, per anni anima e copro della Pro Loco di Vibo, strenuo difensore delle sorti della vecchia Tonnara di Bivona da “salvare a tutti i costi”, lontano mille miglia dalle parcelle che tutti noi ogni giorno dobbiamo a qualcuno.

Lui è un medico che basta chiamare, e che corre immediatamente a visitarti a casa, un medico che non sa cosa siano le diagnosi fatte per telefono, un medico che crede nel contatto umano più di tutto il resto, e che ora spera di chiudere la sua carriera facendo il volontario al servizio dei Gruppi di preghiera di Natuzza Evolo nella grande Basilica di Paravati.

Padre di tre figli, di cui due medici e un ufficiale della Guardia di Finanza, Enzo De Maria ora ha tutto il tempo per fare il “missionario” in Africa, ma le sue frequentazioni con il continente nero sono antiche e frequentissime.

L’uomo fotografato accanto a lui è un altro medico, “il suo nome è Fernando Rico, è un medico spagnolo, bravissimo, che ha dedicato tutta la sua vita subito dopo la laurea al Madagascar, al Camerun e infine in Uganda all' Health Centre zia Angelina, la clinica che prende il nome dalla maestra di Vibo Marina che ha donato ogni suo bene per realizzare questa realtà, che oggi svolge servizio 24 su 24 ore per la gente povera locale, in oltre 3000 mq di locali, 85 tra medici, infermieri, tecnici, e che recentemente ha organizzato il Congresso "Science and Humanity in Health, African perspective".Di questa struttura oggi Fernando Rico è direttore sanitario, 14-18 ore di lavoro al giorno, “quello che resta serve per dormire e poi ripartire il giorno dopo”.

Una sorta di “miracolo calabrese nel cuore dell’Africa nera”. Dal giorno della donazione di Zia Angelina sono passati quasi 25 anni, ed è il giorno in cui a Namugongo, periferia buia e silenziosa di Kampala, viene posta la prima pietra della “Clinica Zia Angelina”.

“Un atto di amore -sorride Enzo De Maria- che a distanza di vent’anni genera ancora frutti impensabili. Non a caso, la gente del luogo grida ancora al miracolo. L’Ospedale cresce giorno dopo giorno, grazie anche alle braccia di questa gente poverissima che capisce che l’Ospedale sarà un luogo di salvezza e di vita per tutta la zona”.

Lo sarà soprattutto per i più poveri, per i vecchi ormai rassegnati a morire per strada senza cure, e soprattutto per i bambini che nessuno da questa parti, prima che nascesse questo piccolo ospedale, aveva mai curato e seguito.

Storia di un'eccellenza tutta calabrese, e che fa onore alla grande famiglia dei medici italiani. E vi assicuro, non è un favola di fine d’anno. È una storia vera.


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Enzo De Maria
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