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Gino Cecchettin: "Abbiamo capito chi è Filippo, per me è chiarissimo".
Gino Cecchettin: "Abbiamo capito chi è Filippo, per me è chiarissimo".
Per la prima volta, Filippo Turetta ha ammesso di aver avuto intenzione di rapire Giulia Cecchettin, ucciderla e togliersi la vita. Volevo “rapirla in macchina e poi, insieme con me, allontanarci verso una di queste località” “per aggredirla e togliere la vita a lei e poi a me”, ha detto Turetta, davanti alla Corte d'Assise di Venezia.
“Ho fatto ricerche” su ‘scotch resistente’ e ‘manette professionali’ “pensando di utilizzare questi strumenti per immobilizzarla dopo averla rapita”, ha aggiunto. “Ho fatto queste ricerche poi ho comprato online lo scotch e una cartina stradale”, ha continuato Turetta.
In merito alla lista trovata sul suo cellulare, ha detto: “Ho scritto io quella lista, il 7 novembre (2023). Sì, difficile ammettere, ma avevo questi pensieri ho ipotizzato questo piano per fare questa cosa di un eventuale futuro momento di rapirla e stare qualche tempo un po’ insieme e poi farle del male”.
Durante l'udienza, inoltre, il pm Andrea Petroni ha letto una frase della premessa di una memoria definita "corposa": “Proverò a raccontare tutto quello che è successo nella maniera più accurata possibile“, ha letto Petroni.
Turetta ha raccontato di aver cominciato a scrivere “di getto” la memoria da “febbraio/marzo”. “Poi rileggendo mi sono accorto che c’erano altre cose o rileggendo mi sono venute in mente altre cose che non avrei ricordato se non l’avessi letto negli atti di indagine”.
“Forse l’ho colpita” con il coltello, “non ricordo, non lo so. Per farla stare ferma l’ho colpita, ricordo come un flashback un colpo sulla coscia”, ha continuato Turetta. Petroni ha, quindi, letto un altro brano della memoria: “Quando è uscita dalla macchina io ero arrabbiatissimo, non volevo che finisse cosi, ho preso uno dei coltelli e sono uscito fuori di corsa per fermarla. Non ricordo esattamente. Poi l’ho presa per il braccio e lei è caduta, penso che abbia sbattuto la testa contro il pavimento”.
“Mai calci e pugni, non so se l’ho colpita con il coltello, ma suppongo di sì, ma qualche istante dopo solo il manico in mano e quindi per essersi rotto così suppongo di sì”. In aula sono state proiettate le immagini del sopralluogo del parcheggio di Vigonovo in cui Giulia Cecchettin era stata aggredita, dove sono state repertate le chiazze di sangue.
“C’erano delle cose, un po’ per il passato recente, negli ultimi tempi, che mi portavano ad avere la speranza di tornare insieme“, ha detto ancora Turetta. “Negli ultimi tempi ci vedevamo, e ci scrivevamo. Era la mia percezione, quando eravamo in presenza, fisicamente. A volte potevo percepire delle cose, altre volte meno”.
“In quel momento l’ho colpita per rabbia”, ha detto ancora il 23enne. “L’ho spinta per terra, poi ricordo che avevo il coltello. E ricordo che l’ho spinta in macchina, sui sedili posteriori”.
“Penso che sia qualcosa di giusto, un dovere verso la giustizia, ma soprattutto verso Giulia e tutte le persone colpite”, ha continuato Turetta, alla ripresa dell'udienza. “Sono accusato di aver commesso l’omicidio di Giulia con crudeltà, premeditazione, il legame affettivo”, ha continuato.
“Vogliono capire chi è Filippo Turetta, ma per me è chiarissimo”, così Gino Cecchettin, all'uscita dall'aula. “Abbiamo capito chi è Turetta, ora il suo avvocato dice che vuole capire quello che emerge è che vita del prossimo e sacra e va rispettata. Ognuno faccia le sue considerazioni, non voglio entrare nel merito”, ha continuato.