Sergio Mattarella sul “manganello”, una sacra lezione per il Paese
La polemica non sopita sui colpi di manganello in testa a Pisa e Firenze su ragazzi che potevano essere nostri figli o nipoti, non è affatto banale, o da liquidare con superficialità e senza riflettere.
di Mimmo Nunnari
Lunedì 04 Marzo 2024
Roma - 04 mar 2024 (Prima Notizia 24)
La polemica non sopita sui colpi di manganello in testa a Pisa e Firenze su ragazzi che potevano essere nostri figli o nipoti, non è affatto banale, o da liquidare con superficialità e senza riflettere.

Il manganello facile non è stato mai un buon segnale nella storia d’Italia. Le manganellate del passato, ma anche quelle relativamente più recenti, sono a volte legate a episodi orribili, di manifestazioni represse con una violenza tale che ha provocato in alcune circostanze morti e feriti. Altre volte, la manganellata disinvolta ha acceso una miccia sfociata nell’esplosione di rabbia, che poi non si è più potuta controllare.

Da una carica brutale, davanti alla Prefettura di Reggio Calabria, scoccò la scintilla della “rivolta” più lunga e dolorosa che si ricordi nella storia dell’Italia repubblicana. Centinaia di persone, che manifestavano a favore di “Reggio capoluogo”, furono improvvisamente e inspiegabilmente manganellate: più di quaranta persone rimasero ferite. Quel giorno, era il 14 Luglio 1970, esplose una rabbia a lungo covata, contagiosa e pericolosa. Nessuno, può dire se senza quella brutale e inutile manganellatura la rivolta sarebbe esplosa, prendendo quella piega violenta.

Il manganello “facile”, dunque, non fa mai bene e non si sa mai dove può portare. Adesso, dopo i fatti di Pisa e Firenze, il manganello è entrato nella polemica politica. Poteva essere liquidato come un incidente, un errore, un eccesso di zelo nel controllo dell’ordine pubblico.


Ci aveva pensato il presidente della Repubblica Mattarella a riequilibrare i fatti, impartendo una lezione di 
pedagogia civile”, utile a tutti: L’autorevolezza delle Forze dellOrdine non si misura sui manganelli, ma sulla capacità di assicurare sicurezza tutelando, al contempo, la libertà di manifestare pubblicamente opinioni. Con i ragazzi, i manganelli esprimono un fallimento”.

Ma non è bastato. La scadente politica dei nostri tempi ha fatto scendere il manganello nella polemica ideologizzata. La stessa presidente del Consiglio Giorgia Meloni sembrava avesse voluto contrapporsi frontalmente a Mattarella : “Penso che sia molto pericoloso togliere il sostegno delle istituzioni a chi ogni giorno rischia la sua incolumità per garantire la nostra”, ma una settimana dopo ha corretto il tiro : “Non ce lavevo con Mattarella, la sinistra lo usa contro di me”.

Dunque, il manganello è diventato una questione politica, un derby tra destra e sinistra. Forse, inconsapevolmente, il dibattito sta diventando ideologico, fino a confondere ruolo doveri e prezioso servizio delle forze di polizia, che i cittadini democratici non finiranno mai di ringraziare, per le loro funzioni di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica. Forse a questo punto è necessario qualche ripasso, per ricordare la storia del manganello che il dizionario Treccani lo definisce “un bastone corto e tozzo, in genere usato come mezzo di offesa”, ricordando subito dopo che fu una delle armi preferite delle squadracce fasciste. L’uso era addirittura giustificato come un specie di “pedagogia civile”: cioè manganellate per “educare”.


O addirittura, come suggeriva Giovanni Gentile, ministro dell
educazione nazionale, nel Governo Mussolini, poteva benissimo rientrare fra gli “strumenti di persuasione”. A quel tempo si colpivano gli avversari per zittirli.

C’era pure, in quegli “anni neri”, uno stornello inneggiante al manganello: “O tu santo Manganello/ tu patrono saggio e austero/ più che bomba e che coltello/ coi nemici sei severo/ di nodosa quercia figlio/ ver miracolo opri ognor/ se nellora del periglio/ batti i vili e glimpostor/ Manganello, Manganello/ che rischiari ogni cervello/ sempre tu sarai sol quello/ che il fascista adorerà”. Anche le immagini sacre tentò di arruolare il regime fascista commissionando opere d’arte con la rappresentazione iconografica della figura cristiana della Madonna in atteggiamento guerriero, armata di spada o bastoni. Quella più nota si trovava nella chiesa del Soccorso a Monteleone - Vibo Valentia nella chiesa del Soccorso. Era conosciuta come la “Madonna del manganello”. Fu, presumibilmente, distrutta alla caduta del fascismo.

Va detto, comunque, che la statua non ebbe mai il riconoscimento ufficiale da parte della Chiesa, in particolare della Arcidiocesi di Reggio Calabria. In giro, nei mercatini dell’usato, si trova ancora qualche “santino”, con la tipica iconografia della Madonna del Manganello che nella mano sinistra sorregge il bambinello Gesù e con la destra brandisce un nodoso “bastone” a protezione di un fanciullo aggrappato alla sua veste. Per fortuna i tempi del manganello pedagogico, o addirittura sacro, sono lontani, ma è bene non dimenticare.


È chiaro che i fatti di Pisa e di Firenze  non vanno enfatizzati e che un singolo sfortunato episodio non può far venire meno la gratitudine che si deve alle forze dell’ordine, per il loro quotidiano impegno in prima linea soprattutto nella lotta alla criminalità organizzata, ma occorre vigilanza. Non certo tra le forze della polizia, ma in determinati settori politici, “riverniciati”, la nostalgia per il “bastone corto” è tanta. L’auspicio, è che le manganellate ai ragazzi di Pisa e Firenze si possano definitivamente archiviare come errore, incidente, episodio circoscritto, da non ripetere più. 


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