Sei sicuro di voler sbloccare questo articolo?
Con il crollo del cantiere Esselunga di Firenze, quest’anno, siamo già a 145 che salgono a 181 considerando quelli scomparsi in itinere, considerando i lavoratori regolari: in meno di cinquanta giorni.
Cifre amarissime e tragiche che ripropongono il grande tema di una civiltà del lavoro spezzata che non garantisce la vita a chi nei luoghi di lavoro, o per raggiungerlo, contribuisce alla crescita e allo sviluppo del Paese. La media degli infortuni è semplicemente spaventosa: un ferito al minuto, negli anni peggiori, uno ogni cinquanta secondi: a volte sono lesioni lievi, altre volte sono gravi, amputazioni o danni che peseranno per sempre nella vita di chi li subisce e delle loro famiglie.
E, poi, c’è il dato nero, agghiacciante dei morti. Uno ogni otto ore. Tre persone al giorno escono di casa per andare a lavorare e non tornano più.
Poco importa dove muoiono, su un trattore, su un ponteggio, su una gru, su qualche macchina industriale. Sono lavoratori che perdono la vita e, con essa, non vedranno crescere i i loro figli, persone, uomini o donne che avevano ambizioni, progetti per il futuro, sogni, amori. Tutto perduto. Spesso per violazione delle più elementari norme sulla sicurezza, per l’inadeguatezza e l’insufficienza tecnica e organizzativa di imprese piccole che sono entrate nel giro dei subappalti con la logica cinica e spietata del ribasso dettata dalla grande azienda.
E’ quanto- ancora non si sa con esattezza- è accaduto nel cantiere dell’Esselunga. C’è il dolore espresso da tutti, il ministro del lavoro Marina Calderone compresa. Ma si era detto altre volte, nel passato, come adesso, di fronte alle cinque vittime e ai tre feriti di Firenze:mai più! Ma questo mai più era stato ripetuto anche quando una giovane, Luana D’Orazio, ancora in Toscana, era finita stritolata in un orditorio, quando cinque operai erano finiti maciullati da un treno sui binari, sui quali non dovevano stare, vicino Brandizzo, nel torinese.
Per riaccendere, una volta per sempre, l’attenzione, l’allarme per la tragedia infinita dei morti sul lavoro, i sindacati metalmeccanici ed edili di Cgil e Uil, hanno proclamato per il 21 febbraio una sciopero nazionale di due ore, contemporaneamente alla mobilitazione, con assemblee, nei posti di lavoro, fabbriche, uffici, luoghi di produzione, promossa dalla Cisl.
È il momento delle azioni e delle decisioni che impediscano per il futuro il ripetersi di questa infinita sciagura delle morti e degli infortuni nei luoghi lavoro.
Il governo fa sapere che si propone di adottare delle misure mirate sulla sicurezza, nel prossimo Consiglio dei ministri. La segretaria del Pd, Elly Schlein, chiede che siano estese anche al settore privato le tutele previste dal codice degli appalti pubblici e la fine del Far West del subappalto a cascata che porta con sé il danno del risparmio sulle misure di sicurezza. In questo senso è necessaria, per la segretaria del Pd, la parità normativa tra contratti di appalto e di subappalto, per impedire tutele diverse tra i lavoratori e le lavoratrici.
Altra richiesta è quella della piena attuazione dell’art. 27 del testo unico sulla sicurezza sul lavoro e dell’estensione della patente a punti in tutti cantieri per le aziende che assumono i lavori. Insomma una pagella per definire il livello di trasparenza e di sicurezza di un’impresa.
Per impedire, così, che imprese coinvolte in precedenti, gravi responsabilità, in tema di sicurezza sul posto di lavoro, possano partecipare alla gare di appalto. Quella di Firenze la, AEP, già responsabile degli incidenti nei cantieri della Esselunga di Genova, non avrebbe potuto assumere gli appalti a Firenze. Infine – la ministra Calderone ha mostrato attenzione-la richiesta a gran voce dei familiari delle vittime: l’estensione del reato di omicidio colposo, come per quello stradale, anche nei posti di lavoro. Una misura caldeggiata dai sindacati e dallo stesso presidente della Toscana, Eugenio Giani.
Ma sarebbe anche da far diventare realtà, non solo nelle parole, la legge 215 del 2021 che vorrebbe l’ispettorato nazionale del lavoro come agenzia unica per pianificare e coordinare gli interventi sul territorio e superare le diversità di comportamento delle diverse regioni, alcune virtuose e altre no, in tema di vigilanza e di controllo sui luoghi lavoro. Un ‘ultima idea- quasi una proposta legislativa- è stata avanzata da un magistrato che si è occupato a lungo di reati legati al lavoro, Bruno Giordano, già membro di Cassazione, che fa un esempio ardito: “se dei terroristi uccidessero, a caso, tre persone al giorno- esattamente quanti nei muoiono per incidenti sul lavoro- faremmo qualcosa di straordinario per arrivare ai responsabili.” Quel “qualcosa di straordinario” potrebbe essere una procura a sé come la Direzione antimafia. Auspicata, improbabile.
Cesare Damiano, ex ministro del lavoro che ha dedicato una vita al tema della sicurezza nei posti lavoro torna al tema centrale che emerge dalle macerie di Firenze: il sogno dei sogni- ha detto- è fermare la logica dei subappalti a cascata, stabilire che chi prende un appalto deve essere in grado di coprire il 60% dei lavori da svolgere.
Siamo lontani da questo auspicio. Ci sono strade di mezzo che è possibile percorrere subito per porre fine alla mattanza dei morti sul lavoro: provvedimenti politici, giuridici, tecnici, di vigilanza e di controllo sul territorio e nei luoghi in cui ci sono uomini e donne che devono poter lavorare senza rischiare la vita.