La forte preoccupazione dell’arcivescovo di Napoli per il futuro del Sud
Don Mimmo Battaglia: “L’Autonomia legittima l’ingiustizia più grave”.
di Mimmo Nunnari
Lunedì 12 Febbraio 2024
Roma - 12 feb 2024 (Prima Notizia 24)
Don Mimmo Battaglia: “L’Autonomia legittima l’ingiustizia più grave”.

Ti illumina la mente e ti riscalda il cuore parlare di Sud e di futuro dell’Italia con un uomo di punta della Chiesa di Francesco, come l’arcivescovo di Napoli, don Mimmo Battaglia, che dice: “Io, prete, sono del Sud non solo perché sono nato in un piccolo paese [ Satriano, provincia di Catanzaro ] che dalle sue colline guarda il mare e al mare nostro si porge con la generosità della nostra antica accoglienza. Sono del Sud, non solo perché ho lavorato sempre lì, studiato lì, servito il suo popolo lì. Sono del Sud, non solo perché, per volontà del Pontefice e per grazia di Dio, sono Vescovo nella più grande Città del Sud. Io sono del Sud perché sono Sud. E lo sono perché condivido tutto il suo palpitare danime, tutto il suo sentire umano, tutta la sua grande forza creativa. Tutta la sua tristezza e il suo dolore. E tutta la sua allegrezza nella gioia di vivere”.

Don Mimmo, come ama essere chiamato, ancora adesso che è arcivescovo metropolita di Napoli dal 12 dicembre 2020, in Calabria - soprattutto nella sua vecchia diocesi di Catanzaro  Squillace dove è stato prete per quasi trent’anni - lo ricordano per l’impegno missionario verso i più deboli e gli emarginati: dal 1992 al 2016 ha guidato il Centro calabrese di solidarietà”, una struttura che si prende cura di soggetti considerati svantaggiati: donne vittime di violenza, tossicodipendenti, alcooldipendenti, immigrati, giovani disagiati e famiglie. Ha pure scritto un libro, su questa sua esperienza calabrese: “Un filo derba tra i sassi” (edito da Rubbettino) in cui ha raccolto le testimonianze di “umiliati e offesi dalla vita”, di cui l’autore, durante la sua lunga missione in Calabria, si è fatto padre, fratello e compagno di strada.

A Napoli, il prete di strada - espressione che a don Mimmo in verità non piace molto - il “pretaccio” , come lo definì comunque il vescovo Giancarlo Bregantini, nella  prefazione di quel libro, volendo indicare, con quel termine, il coraggio e la luminosità” del prete operante, ha continuato ad intrecciare storie quotidiane di periferia e Vangelo. L’anno scorso, per dire, ha celebrato il giovedì santo a Scampia, in mezzo a una maleodorante e tossica discarica abusiva.

Inginocchiato sui rifiuti, ha lavato i piedi di dodici bambini rom e rivolto a giornalisti e telecineoperatori li ha implorati a non riprendere lui, ma a riprendere cosa c'era intorno: tonnellate di rifiuti, che avvolgevano le baracche: "Questo non è un posto da esibire - disse - ma di cui avere vergogna”. Qualche cronista riferì che a Napoli lo avevano ribattezzato il “Bergoglio del Sud Italia”, per il suo essere rimasto “un autentico prete di strada”, uno anzitutto innamorato e strenuo difensore del Mezzogiorno.

Quando nel maggio 2022 pubblicai per le edizioni San Paolo il libro “Lo stivale spezzato”, chiesi a don Mimmo di parlare del suo Sud. Ecco cosa rispose: “Tutto il Sud è una terra bellissima. Di questa estesa terra ricca di paesaggi e di storie, di mare e di cielo limpidi, di monti leggeri e di valli ondulate, di cultura e di umanità, di pensiero alto e di braccia forti, di incanto meraviglioso e di mani incallite, ho visto, e ancora da questo luogo straordinario vedo, le sofferenze degli uomini e delle donne, il loro coraggio di combattere ancora. La loro vivida intelligenza e profonda bontà. Però ho visto anche e vedo, le ingiustizie inflittegli anche da chi - a causa di un antico e reiterato preconcetto - considera il Sud una zavorra e non una risorsa, credendo di poter agganciare il treno dellEuropa abbandonando sul binario morto quella parte del Paese che in più di mezzo secolo gli ha offerto non soltanto le braccia per le industrie, ma anche le intelligenze per farlo diventare quel ricco e potente territorio che è”.

Oggi, a distanza di un anno e mezzo, don Mimmo riprende quel discorso e “tuona”, con toni accorati, che esprimono la sua grande preoccupazione e della stessa Chiesa meridionale, contro il progetto di Autonomia differenziata, che definisce come qualcosa che “contiene nel suo corpo la divisione” e va inteso “come volontà egoistica e come perverso progetto politico”. La sua lunga riflessione, resa pubblica pochi giorni fa in un documento diffuso dalla Chiesa di Napoli, è come un avvertimento, un invito a risvegliarsi, “mentre soffia forte il vento di tempesta che è legoismo”.

Nell’Autonomia differenziata, dice don Battaglia, “c’è la volontà egoistica dei ricchi e dei territori ricchi, il progetto antico, di poco più di quarantanni fa, di dividere lItalia, separando il suo Nord, divenuto opulento con le braccia e lintelligenza dei meridionali, da quel Sud impoverito dalla perdita di risorse, di forze fisiche e intellettuali, svuotato progressivamente di fondamentali sue ricchezze al posto delle quali sono arrivati a fiumi inganni e false promesse”. Già la stessa parola “Autonomia differenziata”, non è vera, sostiene l’arcivescovo: “È evidente che essa significhi che lautonomia non è uguale per tutte le regioni, che essa, appunto, si differenzia tra quelle forti, che con lautonomia diventeranno più forti, dalle regioni deboli, che paradossalmente diventeranno più deboli. Insomma, si realizza, anche nelle istituzioni, quella dinamica apparentemente incontrollabile che legittima lingiustizia più grave”.

Anche i tempi, per don Mimmo Battaglia, sono sbagliati: “Questa trasformazione nel Paese avviene quando due debolezze si intrecciano pericolosamente, quella della politica e quella del Meridione. Basterebbe solo questo, per accendere le menti più attente e i cuori più sensibili”.

Questo era il momento per fare altro in Italia, sostiene l’arcivescovo: "Per cambiare il nostro sguardo e quello delle istituzioni, invertendo la sua direzione. Il vero inizio del buon cambiamento si avrà quando tutti partiremo dal Sud. È uno sguardo culturale prima che politico. Muove dal cuore. Per una sola volta almeno restiamo qui, quelli che ci siamo e gli altri, che sono “lontani”, scendano qui. Idealmente si diventi tutti insieme Sud per coglierne tutto il dolore e insieme tutta la sua grandezza. Il dolore, che porti alla riparazione dei torti subiti, pur non senza nostre colpe. La grandezza, per fare più ricca tutta lItalia, con il prezioso contributo, anche produttivamente economico, del Mezzogiorno. Che il Vangelo e la Costituzione, in questo tempo complesso e difficile, che chiede la generosità e limpegno politico di tutti, ci tolgano il sonno, rendano inquieti i nostri riposi, divengano un peso sulla nostra coscienza, fino a quando ogni riforma e ogni legge, anche la più piccola, non sia orientata al bene di tutti, iniziando dai più fragili, che un giorno scopriremo essere la cosa più preziosa che ci era stata data in dono dalla vita, la culla più adatta a gestare la nascita di una comunità rinnovata, fondata sulla solidarietà, sulla giustizia, sulla pace".


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