Giulio Regeni, testimone: "Uno 007 ha detto 'finalmente l'abbiamo fatto a pezzi'"

Il teste ha raccontato quanto aveva sentito in un ristorante di Nairobi un anno dopo il ritrovamento del cadavere del ricercatore.

(Prima Notizia 24)
Giovedì 12 Dicembre 2024
Roma - 12 dic 2024 (Prima Notizia 24)

Il teste ha raccontato quanto aveva sentito in un ristorante di Nairobi un anno dopo il ritrovamento del cadavere del ricercatore.

“Lo abbiamo fatto a pezzi, lo abbiamo distrutto”. E' quanto ha dichiarato il testimone protetto sentito stamani dalla corte d’Assise di Roma, nel corso dell'udienza nell'ambito del processo per la morte di Giulio Regeni, per la quale sono imputati quattro 007 egiziani, accusati di aver rapito, torturato e ucciso il ricercatore friulano.

“Il maggiore Magdi Ibrahim Abdel Sharif disse ‘finalmente l’abbiamo preso: lo abbiamo fatto a pezzi, lo abbiamo distrutto. Io l’ho colpito’. E poi ha aggiunto ‘nel nostro paese abbiamo avuto il caso di un accademico italiano che pensavamo fosse della Cia ma anche del Mossad. Era un problema perché era popolare fra la gente comune'”, ha aggiunto il teste, raccontando quanto aveva sentito da uno degli 007 imputati in un ristorante di Nairobi un anno dopo il ritrovamento del cadavere di Regeni.

“Ho sentito due uomini accanto a lui che parlavano. In un tavolo vicino c’erano un egiziano e un addetto alla sicurezza del Kenya, sceso poco prima da un veicolo diplomatico egiziano. Erano a distanza di circa due metri da me: non c’erano tavoli fra noi. Hanno iniziato a parlare delle elezioni presidenziali in Kenya, parlavano in inglese.

Parlavano di tensioni e scontri con la polizia dopo il voto contro la legittimità delle operazioni di voto e di vittime che c’erano state. Criticavano l’Unione Europea che manifestava solidarietà con le proteste. Il funzionario diceva che bisognava restare fermi e che senza ingerenze straniere le forze di polizia avrebbero potuto reprimere meglio”, ha continuato, replicando alle domande fatte dal pm Sergio Colaiocco.

Il discorso sarebbe durato all'incirca un'ora. “Parlavano di un italiano che era un problema ne avevano abbastanza. Ho collegato dopo di chi parlavano”, ha continuato. “Ho sentito che dicevano: ‘lo abbiamo picchiato e io l’ho colpito. Lo abbiamo fatto a pezzi, lo abbiamo distrutto’. Ho sentito il nome Sharif, il keniota si rivolgeva all’egiziano chiamandolo Sharif. E l’ha salutato per nome, l’egiziano si è messo una mano sul petto, molti musulmani rispondono così a un saluto. Si sono scambiati i biglietti da visita”, ha concluso il teste.


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